Il mito del Chelsea Hotel
Tra musica, cinema e poesia: tutta l’arte del mito Il Chelsea Hotel, fondato nel 1884 e situato…
Tra musica, cinema e poesia: tutta l'arte del mito
Il Chelsea Hotel, fondato nel 1884 e situato al 222 West 23rd Street di Manhattan (nel quartiere Chelsea di New York), ha rappresentato nel corso della sua storia un punto di riferimento, e spesso un rifugio, per svariati artisti in cerca della propria ispirazione.
Fu costruito dall’architetto Philip Hubert con in testa il progetto di una comune socialista (solo nel 1905 venne adibito ad hotel) e con i suoi 12 piani diventò il palazzo più alto di NY, primato mantenuto fino al 1889 quando venne superato dal New York Times Building. All’interno di questo hotel, costruito in stile gotico-vittoriano dai rossi mattoni e dalle delicate balconate in ferro battuto, hanno vissuto, anche per lunghi periodi, scrittori, filosofi, pittori, registi, attori e musicisti.
Intorno alle camere di questo hotel aleggiano storie, aneddoti e leggende di ogni tipo: si tratta di un luogo ricco di fascino e di mistero la cui storia si interrompe nel 2011 quando, dopo tante disavventure ed alcuni passaggi di proprietà, chiuse i battenti e rimase in ristrutturazione perenne. Nonostante le impalcature e la polvere, una cinquantina di clienti storici continuano imperterriti il proprio soggiorno dentro l’albergo pagando un affitto stabilizzato e attendendo, a malincuore, la prossima riapertura prevista a breve che prevede l’inaugurazione di un hotel di lusso, il quale potrebbe così spazzare via di colpo la storia che rende così prezioso il Chelsea Hotel.
Proviamo adesso a ripercorrere i racconti, gli aneddoti e gli episodi simbolo dell’ “Hotel delle Star”.
Nel 1953 il poeta Dylan Thomas fu trovato in coma nella stanza 205. Aveva da poco terminato il suo componimento “Under Milk Wood” e leggenda vuole che ad ucciderlo sia stata la sua dipendenza da whisky: ne aveva bevuti 18 di fila. Morì successivamente in ospedale senza fare chiarezza se la morte fu causata da cirrosi epatica, da polmonite o da un edema al cervello. All’ingresso dell’hotel, tra le varie targhe in ricordo degli ospiti più famosi, ce n’è una dedicata al poeta gallese: ‘Dylan Thomas ha vissuto e scritto all’interno del Chelsea Hotel, e da qui è salpato verso la morte’. Aveva 39 anni.
Bob Dylan, all’anagrafe Robert Allen Zimmerman, arrivò nell’hotel nel 1965, proprio sulle tracce del suo “maestro” Dylan Thomas (al quale deve il suo nome d’arte). E’ qua dentro che scrisse uno dei suoi album di maggiore successo “Blonde on Blonde”, nella stanza 211, ed è sempre qua che incontrò la sua futura moglie Sara Lownds, sua vicina di stanza alla quale dedicò una delle canzoni dell’album: Sad Eyed Lady Of The Lowlands. Un’altra storia che circola su Bob Dylan è quella che lo vede ubriaco, steso in terra, privo di sensi mentre, durante una festa privata, gli invitati, tra cui i Rolling Stones, continuavano a ballare e a divertirsi come nulla fosse.
Miller era lo stesso che a fine anni ’60 era solito lamentarsi con la direzione di un’altra ospite dell’albergo: la scrittrice femminista Valerie Solanas. Pare che la donna importunasse gli ospiti proponendo loro le copie del proprio libro “The Scum Manifesto”, un’opera che conteneva un duro attacco alla cultura patriarcale e si poneva l’obiettivo di costruire una società senza uomini; non a caso “Scum” stava per Society for Cutting Up Men. La Solanas fu la stessa che, nel 1968, attentò alla vita di Andy Warhol sparandogli alcuni colpi di pistola, ferendolo gravemente e costringendolo a soffrire di postumi permanenti.
Un’altra leggenda vuole che nel 1951 in queste stanze lo scrittore statunitense Jack Kerouac abbia dato vita, cominciando a scrivere su rotoli di carta igienica, alla prima stesura della sua opera “Sulla Strada”, considerata un vero e proprio manifesto della Beat Generation.
Il drammaturgo Arthur Miller, che sposò una delle donne più belle della storia americana ovvero Marilyn Monroe, fu uno dei primi veri celebri ospiti e si trovò a soggiornare nel noto hotel per ben 6 anni: dopo la rottura con la diva di Hollywood si ritirò nella stanza 614 e scrisse prima, nel 1962, la sua opera teatrale “Dopo la Caduta” che ripercorre la storia del suo matrimonio ed in seguito il suo memoriale “The Chelsea Affect” in cui parla del Chelsea Hotel come un luogo surreale in cui potevi sballarti anche solo con il fumo di marijuana che trovavi in ascensore. A fare colazione la mattina insieme a Miller c’era spesso un certo Arthur C. Clark, il geniale scrittore di fantascienza che all’ultimo piano stava scrivendo il suo romanzo “2001: Odissea nello Spazio”.
Il Chelsea Hotel è spesso associato anche ad Andy Warhol in quanto fu il luogo in cui l’artista girò il film “Chelsea Girls” (1966), pellicola sugli abituali frequentatori della Factory (lo studio originario di Warhol) che alloggiavano nell’hotel: tra questi c’era la cantante e modella tedesca Nico, la quale ripropose lo stesso nome del film come titolo per il suo album d’esordio, “Chelsea Girl” (1967).
La stanza 1017, anche se una delle più piccole dell’albergo, diventa un po’ più grande se si pensa che Robert Mapplethorpe vi scattò la sua prima foto. Lo stesso fotografo visse nell’hotel per alcuni anni insieme a Patti Smith, prima da amanti e poi da semplici amici.
Infatti, negli anni ’70, questo luogo divenne meta di alcuni importanti musicisti punk. E’ sempre qua che Patti Smith conobbe anche Sam Shepard, attore, drammaturgo e, ai tempi, batterista dei Holy Modal Rounders. Shepard si presentò con il nome fittizio di Slim Shadow ed iniziò una relazione con Patti; ci volle tempo prima che la stessa Patti scoprisse il vero nome dell’amante che, oltretutto, aveva già una moglie ed un figlio nato da poco.
Sempre durante questi anni un altro ospite illustre fu Dee Dee Ramone, bassista dei Ramones, che stava cercando un posto per disintossicarsi dall’eroina. Questo “stupefacente” luogo non gli servì forse per la sua disintossicazione, ma gli regalò l’ispirazione giusta per scrivere il romanzo “Chelsea Horror Hotel”.
Appartiene sicuramente a Leonard Cohen la storia più famosa e la canzone più rappresentativa. Il cantautore nel 1968 soggiornava nella stanza 424. Un giorno incontrò in ascensore Janis Joplin che stava cercando Kris Kristofferson: Cohen si spacciò per il cantante country, Janis stette al gioco e tra i due si consumò una passionale notte d’amore nella stanza del musicista. La storia di questo intenso incontro con la misteriosa amante (Janis Joplin) è raccontata in quello che è da sempre uno dei capolavori di Cohen, Chelsea Hotel #2 (1971): “I remember you well in Chelsea Hotel, you were talking so brave and so sweet…You fixed yourself, you said: well, never mind, we are ugly but we have the music”.
Un’altra tra le storie più conosciute riguarda ancora una storia d’amore, stavolta conclusa tragicamente. Il 12 Ottobre del 1978, nella stanza 100, viene ritrovato il corpo senza vita della ventenne Nancy Spungen, l’allora compagna di Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols ed icona della scena punk. Sid si dichiarò innocente nonostante sull’arma del delitto, un coltello, furono ritrovate le sue impronte. Non ci fu neanche il tempo del processo che il frontman morì per overdose, a 21 anni.
In una di queste camere Jimi Hendrix era solito organizzare orge; un’altra camera prese fuoco mentre Edie Sedgwick, musa di Andy Warhol, tentava di attaccarsi delle ciglia finte.
Tra le altre numerose frequenti apparizioni nel corso degli anni all’interno dell’hotel meritano menzione i seguenti artisti: Thomas Wolfe, Charles Bukowski, William Burroughs, Stanley Kubrick, Jane Fonda, i Grateful Dead, Dennis Hopper, Edith Piaf e Iggy Pop.
Uno tra gli anedotti più recenti riguarda l’attore Ethan Hawke al quale la direzione dell’hotel concesse l’utilizzo gratuito della suite dopo la fine del suo matrimonio con Uma Thurman; qualche tempo dopo lo stesso attore rese quindi omaggio al Chelsea Hotel dirigendo il film “Chelsea Walls” (2001) in cui si racconta un giorno trascorso nell’albergo.
Camere di eccesso e di trasgressione, camere di cuori infranti, camere di storie tragiche e assurde, camere di grandi capolavori: con le sue storie, il Chelsea Hotel, nel bene e nel male, ha ritratto una considerevole parte della storia del mondo dello spettacolo e dell’arte, dal dopo guerra ai giorni nostri, ed ha scritto un emozionante capitolo nella vita di ogni artista che ha deciso di passare le proprie notti tra le mura di quelle camere così ricche di influenza e suggestione.
Simone Berrettini