There goes my hero – taylor hawkins tribute concert

Sono passati sei mesi da quel 25 Marzo in cui Taylor Hawkins, storico batterista dei Foo Fighters,…

Sono passati sei mesi da quel 25 Marzo in cui Taylor Hawkins, storico batterista dei Foo Fighters, è stato trovato morto nella sua stanza di hotel a Bogotà, a soli 50 anni, poco prima di un concerto della band. Ieri sera a Wembley si è tenuto live il primo dei due concerti tributo dedicati ad Hawkins. Dave Grohl, di fronte ad un’enorme falco luminoso sugli spalti, ha aperto le sei ore di musica in onore dell’amico di una vita con gli occhi già rossi e gonfi per l’emozione 

“Per quelli di voi che lo conoscevano di persona, sapete che nessuno poteva farti sorridere o ridere o ballare o cantare come lui. Per quelli di voi che lo ammiravano da lontano, sono certo che abbiate provato la stessa cosa.” 

Ed è proprio così, il sorriso e l’energia di Taylor erano contagiosi, una scarica positiva di luce e adrenalina pronta ad esplodere ogni volta che si sedeva alla batteria. 

Photo credits: Oliver Halfin
E ieri sera è apparso chiaro quante persone, artisti e non, siano state contagiate da quel sorriso generoso che non si risparmiava per nessuno. Chad Smith, batterista dei RHCP, ha raccontato come Taylor fosse solito visitare un negozio di musica della sua zona regalando batterie ai ragazzini che si fermavano a provare. Perché prima di essere un batterista straordinario Hawkins era un un uomo con una passione smodata per la musica e una gran voglia di dare. 

“Questa raccolta di amici e familiari e musicisti, tutto questo è stato messo insieme da lui e siamo tutti quì connessi oggi da un solo uomo. Portare musicisti che non si sono mai incontrati, musicisti che non hanno mai suonato insieme, tutti nello stesso posto allo stesso momento, con tutti voi bellissima gente a fare casino per Taylor Hawkins”

Tra la pletora di grandi artisti che si sono succeduti sul palco del Wembley Stadium abbiamo visto Liam Gallagher aprire le danze, seguito da Kesha, i Supergrass, i Pretenders, Rush e addirittura Paul McCartney. E’ stata una serata epica ed abbiamo assistito a cose che probabilmente non si ripeteranno mai, come Lars Ulrich e Brian Johnson (AC/DC) suonare “Back in black” con i Foo Fighters, o Wolfgang Van Halen rubare la scena con la sua chitarra con un’esibizione degna del nome che porta in “Hot for teacher” e “On fire” affiancato da Justin Hawkins, Dave Grohl e Josh Freese, o John Paul Jones (Led Zeppelin) insieme a Dave e Josh Homme unirsi ai Them Crooked Vultures riuniti per la prima volta dopo 12 anni. 

Insieme a Taylor ieri sera si celebravano i grandi dèi immortali della musica che lo avevano ispirato, a partire da quando a 10 anni vide il suo primo concerto dal vivo, i Queen. Quando dal palco, annunciati da una clip di Hawkins che incita la folla con il classico hey oh di Freddie, insieme a Roger Taylor e Brian May, Luke Spiller, frontman degli Struts, ha incendiato lo stadio di Wembley con “We will rock you” urlando con una forza tale da risvegliare i morti, per un attimo il caschetto biondo di Rufus Taylor dietro ad una delle tre batterie ci ha fatto scorrere un brivido lungo la schiena.

Ma questo concerto non è stata una semplice line up di artisti amati da Taylor, per 6 ore quel palco è stato il salotto di casa Hawkins, pieno di fratelli, nipoti e zii riuniti per omaggiarlo nell’unico modo sensato, cantando e suonando come se non ci fosse un domani. Anche Violet Grohl, che conosceva Taylor da tutta la vita, con la voce quasi spezzata ci ha regalato una struggente interpretazione di “Grace” di Jeff Buckley e “Valerie” di Amy Winehouse.

L’ultima parte della serata ha risvegliato ricordi e toccato le ultime corde rimaste ferme, i più grandi successi dei Foos suonati con un’intensità carica di nostalgia, con grandi batteristi a darsi il cambio nel tentativo di farsi sentire anche nell’aldilà. Abbiamo pianto tutti con Dave quando con la voce rotta ha iniziato ad intonare “Times like these”, e forse non abbiamo smesso quando Travis Barker (Blink182) ha lanciato le bacchette in aria sulle note di “The Pretenders”, o quando la dodicenne Nandi Bushell,(“the coolest fucking drummer in the world” secondo Dave Grohl), ci ha fatti volare con un’esibizione epica in “Learn to fly”.

Ed è stato ancora più difficile trattenere l’emozione quando con il volto da ragazzino ed un’energia troppo familiare Shane Hawkins ha chiuso la serata onorando il padre dando il meglio di sé in “My Hero”, come a voler gridare con quelle bacchette un dolore per cui non esistono parole, degna conclusione di uno spettacolo che non avrebbe dovuto avere ragione di esistere. 

There goes my hero, watch him as he goes…”

Linda Flacco

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Alberto Pani

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Cresciuto ai piedi delle ridenti colline del Monferrato, tra muri di nebbia sei mesi l’ anno, zanzare incazzate nei sei mesi successivi e bocce di vino rosso sempre e comunque per stemperare il disagio così accumulato.

Chitarrista fuori forma.

Fermamente convinto che 8 volte su 10 le cose si risolvano da sole.

Punto debole: la meteoropatia