Buddy Guy e la prova vivente che il Blues è vivo e vegeto

All’età di 74 anni la leggenda del blues pubblicò un grande album graffiante e fascinoso, con il…

All’età di 74 anni la leggenda del blues pubblicò un grande album graffiante e fascinoso, con il quale lo stesso Buddy e la sua Fender Stratocaster dimostrarono di essere più in forma che mai.

Non è mai il momento sbagliato per riscoprire un album di un artista, anche se così conosciuto (si spera) e già ritenuto come una leggenda vivente (si spera): Buddy Guy.

Sì perché questo 15° album in studio rappresenta uno dei suoi migliori dischi concepiti in epoca moderna e quando uscì rappresentò di diritto l’album blues dell’anno, aggiudicandosi infatti un Grammy per il miglior album di blues contemporaneo.

La cover picture di “Living Proof”

Con Living Proof (2010), tra tradizionali blues, pezzi rock&roll e ballads, Buddy dimostra che non ha affatto intenzione di mollare: un artista che invece di adagiarsi sugli allori (sfruttando un passato ricco di formidabili successi) non ha mai smesso di mettersi in gioco rilasciando sempre materiale nuovo (l’ultimo album al momento è del 2018, The Blues is Alive and Well).

Con questo album di 10 anni fa, il nostro Guy diede una chiara dimostrazione di come non fosse svanita la voglia di suonare blues alla sua maniera, in modo così appassionato e con quella chitarra così virtuosa, potente e trascinante, quasi aggressiva: gli assoli di chitarra frenetici, energici e improvvisi sono sempre stati senz’altro il suo marchio di fabbrica.

Di canzone in canzone scopriamo come questo album offra momenti allegri e tristi, riflessivi e spensierati, dolci e amari, ma soprattutto capiamo (ancora una volta) perché il buon vecchio Buddy sia così speciale, travolgente e sia stato, nel corso della storia, fonte di ispirazione di artisti del calibro di Eric Clapton, Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix, Jimmy Page ed i Rolling Stones.

Alcuni critici considerarono questo disco come una sorta di autobiografia del grande bluesman: ascoltando le 12 tracce, in effetti, la voce di Buddy, senz’altro segnata dal tempo, ma comunque sempre pulsante e pungente ed ancora più calda e intensa, ci racconta di quel ragazzo partito dalla Louisiana a 21 anni per arrivare a lasciare il segno nella scena del “Chicago Blues”, sulle orme dei suoi maestri Muddy Waters e Howlin’ Wolf.

Nonostante la vena autobiografica del disco, parte delle canzoni sono state scritte insieme a Tom Hambridge che è anche il batterista ed il produttore di questo album. In particolare, sono la title-track e 74 Years Young le canzoni in cui il cantante sembra raccontarsi al meglio.

Buddy Guy – photo credits: newtimesslo

74 Years Young è il brano d’apertura che, dopo un sottile blues di un minuto e mezzo, d’un tratto ci fa balzare in piedi dalle sedie per un assolo possente e incandescente, in pieno stile Buddy Guy, proprio come un tempo. Nella calzante Living Proof canta e suona con l’energia di un ragazzino, mentre in brani come Too Soon, On The Road e Guess What ci fanno girare la testa la voce forte e appassionata, ma soprattutto i brillanti assoli di chitarra assolutamente stratosferici. A proposito di assoli, l’ultima traccia, Skanky, è un regalo perfetto per tutti gli amanti dei pezzi strumentali in cui è la chitarra a fare da protagonista grazie a vorticose improvvisazioni tanto belle da stordire. Saltano all’occhio (o meglio, all’orecchio) anche le preziose collaborazioni con Carlos Santana, impeccabile compagno con il suo inconfondibile stile chitarristico in Where The Blues Begins, che si distingue dalle altre canzoni per un tono cupo e sinuoso, e con l’amico B.B. King in Stay Around a Little Longer.

E’ proprio questo ultimo duetto che rappresenta probabilmente uno dei momenti più emozionanti del disco: una lenta e leggera ballata, con sfumature gospel, in cui i due immensi artisti fraseggiano dolcemente con le loro chitarre e le loro voci, congratulandosi a vicenda e riflettendo sulla mortalità. “Buddy e B” insieme in studio per la prima e unica volta nella storia, una vera chicca, uno storico momento blues raro e prezioso, che non potrà non emozionare, a prescindere dal brano stesso, gli appassionati del genere.

Buddy Guy (così come Otis Rush) ha saputo rinnovare il mondo del blues elettrico unendo il Rhythm&Blues più effervescente con l’essenza elettrica di Chicago dell’epoca e riuscendo a trovare così un personalissimo stile ed un riconoscibile ed autentico sound.

Living Proof e Sweet Tea (2001) sono probabilmente i migliori album incisi negli anni 00 da un maestro immenso che ha fatto scuola: sicuramente il chitarrista blues più influente della sua generazione. Un’oretta di un ascolto davvero energico, appassionante e godereccio, consigliato sì agli amanti della vecchia scuola blues-rock, ma più semplicemente agli amanti della buona musica.

Simone Berrettini

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Alberto Pani

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Cresciuto ai piedi delle ridenti colline del Monferrato, tra muri di nebbia sei mesi l’ anno, zanzare incazzate nei sei mesi successivi e bocce di vino rosso sempre e comunque per stemperare il disagio così accumulato.

Chitarrista fuori forma.

Fermamente convinto che 8 volte su 10 le cose si risolvano da sole.

Punto debole: la meteoropatia