La Favola di Sugar Man: la star che non sapeva di esserlo
La prima cosa da fare è decidere se cominciare dal Messico, dal Sud Africa, dall’Australia o da…
La prima cosa da fare è decidere se cominciare dal Messico, dal Sud Africa, dall’Australia o da Detroit: quattro luoghi così diversi e distanti tra loro, ma che, se uniti, possono raccontarci una delle vicende più assurde ed emozionanti della storia della musica.
Sixto Diaz Rodriguez, (“Sixto” perchè il sesto figlio), nasce a Detroit nel 1942 da una famiglia di modeste condizioni il cui padre era immigrato messicano e la madre di origini statunitensi.
Operaio con la passione per la musica, prova comporre e a pubblicare qualche brano a metà degli anni ’60, come I’ll sleep away, ma con poca fortuna. Durante una sua esibizione in un locale suburbano di Detroit viene notato dal produttore della Sussex Records, Mike Theodore, che nel timido cantautore intravede qualcosa di grande. Sixto cambia così il nome d’arte in Rodriguez e pubblica due album con la Sussex: Cold Fact (1970) e Coming from Reality (1971): i due album sono caratterizzati da un folk-rock con punte psichedeliche e qualche riff funky, testi riflessivi e socialmente impegnati su melodie malinconiche, una voce dolce e gentile.
Dentro i “Cold Facts” di cui canta Rodriguez ci troviamo i disoccupati, i senzatetto, i tossicomani e tutte le persone ai margini della società che però, allo stesso tempo, coltivano la speranza e la voglia di lottare per i propri diritti affinchè le cose cambino: c’è anche la convinzione che un sogno o un amore possano diventare un giorno realtà. Rodriguez parla di politica corrotta, di mafia, di inquinamento e di donne che non sono protette e ha il coraggio di farlo proprio in un periodo storico in cui era controverso discuterne.
Vi starete forse convincendo (e avreste ragione a farlo) che ci sarebbero tutti gli elementi per credere che i suoi album abbiano riscontrato grande successo e che l’artista sia stato eletto come nuova eroica voce della gente, ma i suoi album non riscossero incredibilmente alcuna fortuna, il suo contratto venne rescisso prima del terzo album, il sogno del nuovo Bob Dylan svanì prestissimo e, in difficoltà economiche, ritornò a lavorare come operaio.
A metà degli anni ’70, grazie ad alcuni passaggi in radio, la sua musica diventa più popolare in Australia e Nuova Zelanda e questo rinnovato interesse porta il musicista a effettuare un tour australiano nel 1979 per poi però tornare ancora una volta a Detroit e dedicarsi alla vita da muratore, dopo un tentativo di dedicarsi all’attivismo politico candidandosi anche come sindaco, ma senza successo.
E’ proprio adesso che avviene qualcosa di impensabile e di straordinario: mentre Rodriguez andava avanti con la sua vita ed i suoi album non avevano inspiegabilmente ricevuto alcuna attenzione negli USA, Cold Fact sembrò sviluppare vita propria e cominciò ad avere un riscontro sempre più grande, ad insaputa del cantautore stesso, nell’emisfero meridionale e in particolare in Sud Africa, dove regnava l’Apartheid, il seguito fu enorme.
Come il disco sia arrivato in Sud Africa è ancora un mistero, una leggenda narra che una ragazza americana portò con sè una copia per regalarla al fidanzato e che poi si sia diffuso rapidamente anche tramite contrabbando.
Quello che è certo è che le canzoni di Rodriguez, così vicine alle anime più inquiete ed emarginate, diventano veri e propri strumenti di ribellione e inni contro la segregazione: grazie a questi testi i giovani sudafricani trovano il coraggio di resistere ad un sistema dittatoriale e razzista; i suoi dischi vendono mezzo milione di copie e Rodriguez è considerato una stella più grande di Elvis Presley, una vera e propria star… il tutto anche se lui ne è completamente inconsapevole. Le voci che si susseguono dicono che sia morto suicida tanti anni prima, sparandosi durante un’esibizione su un palco e si crea così la figura di un mito come per Jimy Hendrix e Jim Morrison.
Purtroppo, senza l’esistenza di internet e con nessuna informazione sul suo conto, Sixto rimase circa ben 25 anni all’oscuro di quanto fosse idolatrato e dell’enorme fama che aveva raggiunto fino al ’97, quando due fan sudafricani, alla ricerca di notizie sull’artista, mettono un annuncio in rete al quale risponde una figlia di Sixto: “Mio padre è vivo e vegeto e sta a Detroit. Come fate a conoscerlo?!”.
Ed è così che finalmente riuscì a sapere quanto fosse amato e potè volare in Sud Africa, nel ’98, per ricevere il più affettuoso ed emozionante dei tributi, portando in scena la sua arte in 6 concerti con altrettanti sold out, per poi tornare a Detroit a continuare la sua vita da operaio nel modo più semplice, genuino ed umile che ci possa essere e senza alcun rancore.
Simone Berrettini