August and Everything After: il malinconico rock alternativo dei Counting Crows
Per un breve periodo nei primi anni ’90, i Counting Crows furono una delle band più acclamate…
Per un breve periodo nei primi anni ’90, i Counting Crows furono una delle band più acclamate dalla critica del pianeta: a 27 anni dalla sua pubblicazione, il loro primo album “August and Everything After” merita di essere riascoltato.
I Counting Crows nascono in California, San Francisco, da un’idea del cantante Adam Duritz e del chitarrista David Bryson: i due amici, inizialmente, costituivano un duo acustico dal nome The Himalayans. Il nome della band deriva da una filastrocca britannica (One Of Sorrow) che Duritz sentì nel film “Signs of Life” in cui recitava una sua amica e così i due amici, anche con l’aggiunta dei nuovi membri, decisero di mantenere il nome Counting Crows, nome che oltretutto aveva già iniziato ad avere un piccolo seguito nei primissimi anni ’90.
“August and Everything After” (1993) è considerato tra i migliori album di rock alternativo degli anni ’90 e, con la sua orecchiabile malinconia, rappresentava la seconda ideale opzione rispetto alla graffiante sofferenza della sempre più estesa scena Grunge di quell’epoca.
L’opera prima di Adam Duritz è pienamente soddisfacente: i testi trattano temi quotidiani accompagnati da piacevoli arrangiamenti sentimentali e interpretati da un cantautore che impressiona per la sua capacità di scrittura e la sua profondità emotiva. Lo stile vocale di Duritz è stato spesso paragonato a quello di Van Morrison (punto di riferimento del giovane cantante di Baltimora) e, anche se i brani non hanno l’incisività di Dylan, l’originalità dei REM o l’intensità dello stesso Morrison, è possibile godere di una vincente miscela di arrangiamenti country-rock conditi da melodie memorabili, in perfetto stile di grandi nomi della musica americana come The Band, Eagles o Bruce Springsteen.
Il convincente ed accattivante sound del disco e la carismatica interpretazione di Duritz porteranno questo album di debutto a vendere oltre 7 milioni di copie identificandosi con quello che rimarrà per sempre il maggior successo della stessa band.
Il disco si apre con il dolce arpeggio di chitarra di Round Here: il brano, scritto già ai tempi dei The Himalayans, è una toccante ballad, un ritratto di piccole città che non fanno dormire e trapelano tristezza e, passando da un intermezzo funk, la canzone svanisce con la stessa dolcezza con cui è cominciata. Si respira più ottimismo nella brillante fisarmonica della folk Omaha prima di arrivare al singolo di successo mondiale Mr. Jones: il disco deve la sua fama proprio a questo pezzo, ispirato dal bassista Marty Jones, collega e grande amico di Duritz; un riff di chitarra tanto semplice quanto travolgente per una canzone dinamica ed estremamente contagiosa che è diventata un classico della musica degli anni ’90. Perfect Blue Buildings è, nel complesso, forse una delle traccie più deboli, ma compensa con la sua atmosfera suggestiva e con la voce di Adam sempre trascinante. Nella rilassata Anna Begins le strofe strozzate e le sonorità un po’ cupe sfociano in un luminoso ritornello che sembra aprire il cielo. Decisamente apprezzabile l’organo che dà un tocco di psichedelia all’intensa ballata Time and Time Again, mentre c’è aria di positività nella frizzante Rain King in stile REM. Sullivan Street rappresenta la “chicca” dell’album: uno struggente ed intimo inno all’amore perduto accompagnato da una chitarra leggera e da un triste pianoforte (di seguito proponiamo la bella versione live di questo brano eseguito a Parigi nel 1994 e presente nella versione Deluxe del disco). Anche se la claustrofobica Ghost Train segna un episodio piuttosto trascurabile, il finale di questo lavoro è in crescendo: Raining in Baltimore è un piccolo capolavoro (probabilmente il miglior brano fra tutti), un pezzo che ferma il tempo ed il respiro grazie ad un Duritz piano e voce, un po’ sulle orme di Springsteen, che sale in cattedra e parla dritto ai cuori spezzati. Nel testo dell’ultimo brano della tracklist viene menzionato anche lo stesso nome della band, ‘as you stood there counting crows’ : A Murder of One, con un ritmato pop-rock malinconico ed una voce (sempre) evocativa che ci dice di non sprecare la nostra vita, è la chiusura ideale di un album davvero godibile, ben suonato ed ancora meglio interpretato.
“August and Everything After”, con il suo successo immediato, ha portato grande fama ed attenzione internazionale alla band; purtroppo, come rovescio della medaglia, i Counting Crows hanno vissuto momenti turbolenti segnati da stress, tensione ed affaticamento che hanno portato alla partenza di alcuni membri del gruppo e ad un esaurimento nervoso dello stesso Duritz. La band rimase inattiva per tutto il 1995 per poi tornare a pubblicare il loro secondo atteso album (“Recovering the Satellites”) nel 1996.
Le canzoni sono realisticamente tristi e potrebbero essere intimamente affini ad ognuno di noi. La voce di Adam Duritz sa esprimere allo stesso tempo dolcezza, angoscia, delicatezza e dolore. Pochi artisti sono stati capaci di pubblicare un album di debutto così universalmente convincente che, inoltre, ancora oggi suona così vivo e così attuale.
Simone Berrettini