Heavy Metal: come si costruisce il mito
Esiste un canone del metal che ha reso il genere resistente al tempo. Quali sono le sue caratteristiche? E perché i metallari non muoiono mai?
Dalla nascita del rock a questo XXI secolo tutto digitale ne sono passati, di anni. In essi sono nati nuovi modi di fare musica, l’innovazione tecnologica ha messo a disposizione nuovi strumenti e sono nati, dal rock e dai suoi affini, infiniti generi musicali. Tra questi, l’heavy metal è tra le correnti più prolifiche e durature. Nato all’inizio degli anni 70 con l’esaltazione della chitarra amplificata e distorta del blues, il nuovo genere prende il nome involontariamente da un verso del brano Born To Be Wild degli Steppenwolf, band acid-rock canadese-statunitense, che con l’espressione heavy metal thunder descrisse il rombo di una motocicletta lanciata verso l’avventura e diede avvio a un filone narrativo e musicale che diventerà un classico.
Eh già, possiamo dirlo con certezza: l’heavy metal ad oggi vanta oltre 4 decadi di storia, in cui i suoi fan non hanno mai smesso di indossare anfibi anche in spiaggia, a prosciugare cascate di birra e ad apprezzare del buon growl. Proviamo dunque a capire qualcosa sul segreto della sua longevità ponendo un occhio al doppio storico di alcuni fenomeni caratteristici del metal.
Ozzy Osbourne sta al metal come Cesare sta all’impero romano
Se l’heavy metal fosse un impero, con il suo dominio territoriale, le sue leggi e, soprattutto, il suo imperatore, quest’ultimo sarebbe sicuramente Ozzy. I Black Sabbath, con il loro iconico frontman, hanno posto per primi l’attenzione verso temi e preoccupazioni che, nel corso del tempo, sono stati declinati in sotto-generi dalle band successive: tra tutti fuga dalla realtà, depressione e paranoia, eterno scontro tra bene e male. Hanno stabilito quindi delle regole su cui fondare la propria storia, un canone in cui tutti i metaller hanno potuto identificarsi nel corso degli anni, proprio come ha fatto l’impero creato da Giulio Cesare (ma nei fatti a partire dal suo successore Ottaviano) nei confronti della propria identità letteraria: un cittadino dell’impero romano, infatti, non poteva considerarsi membro politicamente attivo dell’Urbe senza aver studiato a scuola l’Eneide, la lingua scritta formale era quella di Cicerone, la poesia ufficiale aveva la voce di Ovidio.
IL REGNO DEI MORTI
La fuga dalla realtà di cui sopra, condita con atmosfere dark e odio interiorizzato, trova il suo naturale sfogo nelle strade dell’aldilà, che per ovvie ragioni somiglia molto al mondo che abitiamo da vivi. Di morte hanno parlato tutte le principali band metal, Judas Priest, Iron Maiden, Dio, Anthrax. A metà degli anni 80 nasce persino un sottogenere apposito, il death metal, e le band portano nomi come Obituary, Autopsy, Death. Lo scenario proposto riproduce tutti i cliché dell’oltretomba: orribili demoni, violenza e dolore, fiamme, sangue, putrefazione. L’obiettivo è la catabasi personale di ognuno di noi nei sentimenti più oscuri e profondi dell’animo umano, alla scoperta di una qualche verità che potrebbe anche non esistere affatto.
Esattamente come descritto da Omero nell’XI libro dell’Odissea, in cui, su consiglio di Circe, Ulisse compie dei riti sulle porte dell’Ade e comincia la discesa nel regno dei morti, dove tra creature spaventose e scene di espiazione, l’eroe va alla ricerca dell’ombra dell’indovino Tiresia. Guarda caso, il destino svelato da Tiresia è nero.
Iconografia: guerra e brutalità
L’aggettivo “classicus” in latino riguardava quei cittadini il cui censo era tale da permettere un equipaggiamento adeguato ad andar in guerra. I classici, dunque, originariamente erano dei soldati armati di tutto punto, i più ricchi possedevano perfino un cavallo, anche lui bardato su ogni lato. Su di essi si misurava la potenza dell’impero romano nell’immaginario comune dell’intera orbe. Anche alcune poleis greche devono la loro fama proprio a eserciti di uomini straordinari, istruiti fin dall’infanzia a diventare gli esseri più temibili del mondo. Come Sparta, presso cui la formazione militare (Agoghé) iniziava addirittura a 7 anni.
I Manowar non vanno in guerra disposti a falange, ma esprimono ugualmente tutta la loro potenza mettendo a nudo i muscoli, sparando altissimo il volume dei concerti, con ritmiche di marcia e fieri testi che sottolineano quanto la band abbia influenzato la nascita del cosiddetto epic metal. Ad oggi, altri come i finlandesi Wolfheart, hanno preferito un assetto più legato alla cultura del Nord-Europa (terreno indiscusso del metal) in cui l’intento sembra comunque quello di spaventare il nemico in battaglia con zanne di orso e corna di renna.
mitologia
Ogni cultura ha le sue icone, quei personaggi che incarnano le idiosincrasie di un popolo esaltandone oltre ogni limite gli aspetti eroici e sovraumani. L’heavy metal ne ha tante, ma il più longevo è Eddie, la mascotte degli Iron Maiden, definita da Gibson.com “l’icona metal più riconoscibile nel mondo”. Album dopo album, con il susseguirsi degli artwork, l’abbiamo visto subire innumerevoli trasformazioni, attraversare epoche storiche e dimensioni: lobotomizzato in Piece of Mind, trasportato nell’antico Egitto in Powerslave, sotto forma di nuvola di fumo che incombe su una Londra distopica in Brave New World, ma ogni volta capace di rappresentare disagi e contraddizioni dei nostri tempi.
Un destino simile, nella mitologia greca, tocca al semidio Eracle, figlio di Zeus e Alcmena. Eroe delle 12 fatiche, combatte contro mostri marini dalle teste che si moltiplicano, si fa ladro con i cavalli di Diomede, cattura perfino Cerbero, l’infernale cane a tre teste e indossa la pelle del gigantesco leone ucciso a Nemea. Un guerriero dunque, ma anche un furfante e una vittima del destino.
bolidi e cavalli alati
Uno strumento per elevarsi, per affrontare al meglio le difficoltà e per rafforzare la propria identità. La motocicletta, da sempre presente nella cultura metal, e il cavallo alato Pegaso condividono tutti questi aspetti. Esiste un videogioco che descrive molto bene il modello di bolide del metal-head: il videogioco è Brutal Legend e la supercar è Deuce, chiamata in italiano Falciadruidi. Con essa, il protagonista del gioco, impersonato da Jack Black, può superare i primi avversari; è stata forgiata dalle spoglie metalliche di Ormagöden, la bestia del fuoco, e può essere cavalcata solo da qualcuno che lo merita. In più, è dotata di radio e ovviamente propone solo pezzi metal.
Doppio mitologico di Deuce è Pegaso che, dal canto suo, viene cavalcato niente meno che da Zeus in persona e in seguito dall’eroico Bellerofonte, fungendo sempre da compagno fidato nelle avventure più pericolose. Animale nobile ed elegante, passa nella simbologia greca a rappresentare la capacità dei poeti di distaccarsi dal mondo fenomenico e la sensibilità necessaria a guardare oltre, nel cielo e tra i numi eterni. Il luogo designato di tutti i miti.
Valeria Iubatti